Naples Savage Crash

Testo e foto di Carlo Tripodi

Un giorno di qualche anno fa mi giunge una email che mi lascia per un attimo un po’ sorpreso: una signora americana mi chiede informazioni circa un incidente aereo avvenuto a Napoli nel 1955. La ragione è molto semplice, la mia attività di giornalista aeronautico, focalizzata principalmente sulla US NAVY  ha   fatto si che molti articoli e fotografie siano stati pubblicati su riviste e pubblicazioni americane, attirando l’attenzione di questa signora che mi scrive sostenendo di essere la figlia di Earl Bishop, uno dei tre sfortunati aviatori. Mi chiede di localizzare il sito dell’incidente per poterlo visitare.

Una  tale richiesta non poteva restare inascoltata così mi metto in azione. La prima tappa, obbligata, è la ricerca presso l’Emeroteca della Biblioteca  Nazionale del quotidiano del “Il Mattino” in cui si parla dell’incidente, ricerca cha dà risultati positivi. Un’ altra ricerca  presso la NAS Napoli e la VI Flotta è completamente negativa: dopo oltre 60 anni i documenti sono stati distrutti.

I dati raccolti mi permettono, comunque, una ricostruzione attendibile. Il 20 luglio del 1955 un AJ-2 Savage, all’epoca il più grande aereo imbarcato sulle portaerei con ruolo di bombardiere ( con capacità di trasportare una bomba atomica) decolla dalla Naval Air Station di Port Lyautey, preso Kenitra, nell’allora ex Marocco francese e base abituale della USN. Il velivolo, appartenente al CVG-17, imbarcato sulla CV-43 “,USS Coral Sea”, la sua destinazione è Istanbul, poiché la portaerei è nel Mediterraneo Orientale. Ai comandi c’è l’ Lt Donald Bowman, un pilota caratterialmente difficile e che era stato precedentemente già coinvolto in un incidente a bordo della stessa portaerei. L’equipaggio si completava con il  bomb/navig. Ltjg Clarck McConnell e con il “plane captain” Earl “Bill” Bishop, il padre della signora Cecelia Graham, quella che mi ha inviato l’email.

 

Il volo è regolare fino al mar Tirreno: al largo di Capri si manifesta una avaria ad uno dei due motori ( il velivolo era una dei primi turboelica imbarcati), probabilmente accompagnata anche da un’avaria al sistema idraulico. Il pilota dichiara l’emergenza  e viene dirottato a Napoli.

Nel cielo di Napoli ormai a pochi minuti dall’atterraggio, l’avaria si accentua e coinvolge anche il secondo motore. Il velivolo giunge quasi al “sottovento” della pista 24. A motori spenti perde rapidamente quota e velocità, fino allo stallo. In virata precipita nel piazzale di raccolta degli scarti di lavorazione della Vetreria Ricciardi. Dopo lo schianto il velivolo prende fuoco e tre degli operai presenti sul piazzale  cercano di estrarre l’equipaggio, ancora in vita ma una seconda esplosione  di un serbatoio rende invano qualsiasi soccorso, procurando ustioni anche ai tre soccorritori. Minuti dopo l’incidente arriva il “crash team” della  USN che spegne i focolai residui e recupera le vittime. Un fotografo scatta fotografie ma i Carabinieri gli  sequestrano il rollino fotografico che viene consegnato alla US NAVY.

La mia ricerca prosegue: in via Argine, nella periferia orientale industrializzata di Napoli, è tutto cambiato, dalla viabilità agli opifici. La Vetreria Ricciardi non esiste più ed una Società, la “Due Torri”, in omaggio alle due ciminiere in laterizi lasciate in situ, ne ha rilevato,parzialmente, edifici ed aree circostanti. Vecchie aerofotografie e il modernissimo Google Earth, mi permettono di localizzare il punto di impatto, aiutato anche da foto ricevute da Greg Bishop, fratello di Cecilia. Greg (ottimo fotografo) si interessa ancora di aviazione e vola spesso su B-17 e B-24  nei panni di mitragliere di coda. Scopro anche di aver insegnato, come supplente, in un Istituto Professionale Femminile, a qualche centinano di metri dal luogo dell’incidente!. La terza fase è stata quella di trovare dei testimoni oculari e..mi rendo conto che sarà difficile …. dovrebbero avere 85-90 anni, impresa ardua ma non impossibile. Il primo testimone è trovato addirittura casualmente ed in modo imprevedibile: parlando con mio fratello scopro che la cugina di sua moglie , che abitava in prossimità della Vetreria Ricciardi, avrebbe potuto avere qualche ricordo. Infatti, quel giorno era sul balconcino di casa sua, ricorda di non aver sentito alcun rumore di aeroplano ( ciò confermerebbe i motori spenti) ma vivo è il ricordo dello schianto e della nube di fumo. Ritorno in via Argine, oggi via Ferrante Imparato, e cerco di entrare nell’area dell’ex Vetreria per fare qualche foto, ma vengo bloccato da un inflessibile guardiano polacco. Percorro il muro di cinta e all’angolo trovo un Bar. Mi fermo per un cappuccino e scambio qualche parola con la signora che me lo serve. Mi risponde che è troppo giovane per ricordare l’incidente …ma che la mamma, novantenne, ogni tanto parla di quell’incidente. Prima di incontrarla, la figlia mi dice che dalla toilette è possibile fotografare il piazzale e senza aspettare impellenze fisiologiche…vado alla toilette. Con qualche acrobazia, il finestrino è in alto, scatto qualche foto. Tra i pochi avventori ce n’è uno che ha seguito con attenzione tutta la  chiacchierata con la barista e alla fine mi invita a seguirlo e di andare a parlare con suo zio. 50 metri a piedi e sotto un piccolo pergolato un lucidissimo vecchietto ultra novantenne mi racconta ciò che ricorda .

La storia diventa intrigante e ogni mattina, percorrendo l’autostrada Napoli-Salerno per andare ad insegnare a Torre Annunziata proprio su di un viadotto che passa molto vicino  al luogo dell’incidente, il ricordo va ai tre giovani aviatori. Ancora una volta mi ritrovo a leggere il giornale dell’epoca , dove sono riportati i nomi dei tre operai che hanno riportato ferite cercando di portare aiuto. Di due non ci sono più tracce, del terzo, trovo il numero telefonico. Lo chiamo, mi presento, gli spiego il motivo della mia telefonata. Mi racconta di aver quasi afferrato per le spalle il passeggero seduto a sinistra dell’abitacolo, ( che potrebbe essere proprio Earl Bishop), ancora in vita. Poi non ricorda più nulla se non di essersi trovato sull’ambulanza con le mani ustionate.

La mia ricerca può ritenersi terminata ed esaustiva. Raccolgo tutto il materiale, lo traduco, e lo invio alla signora Bishop. Dopo qualche mese è a Napoli. Io non ero in città per cui giunta alla Stazione Centrale, preso un taxi il giovane autista porterà Cecilia e suo marito nel luogo sbagliato: in pratica in una zona, dove negli anni ’80 c’era stato un grosso incendio alla Raffineria. Cecilia gli mostra le foto che le avevo inviato e con grande intuizione la porta su di un cavalcavia che in pratica permette di dare uno sguardo al sito dell’incidente. Una breve sosta per una preghiera, una foto e di nuovo alla Stazione Centrale. Costo della corsa in taxi? NIENTE! E può succedere solo a Napoli.

Ancora oggi (e continuerò a farlo ogni volta che passero’ da quelle parti) il mio pensiero è per gli aviatori che persero la vita in una calda giornata di una estate napoletana di tanti anni fa.

La vita, ancora una volta, dimostra di essere un intreccio di avvenimenti apparentemente slegati fra di loro, ma che alla fine spesso si incastrano come tessere di un mosaico

Dati sull’aereo: North American  AJ-2 Savage. Appartenente ad un “detachment” del VC-8 “ Fire Ballers” ( destino di un nome….)(ridenominato VAX-11 nel Nov.1955). Operativo in seno al CVG 17, distinto dal codice  di coda “T”. Il velivolo portava in coda il codice  “NC”. Forse il “nose code” era “7”, mentre la matricola era # 124854

 

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